Oggi esistono molti prodotti ciascuno con uno spettro ed un’attività diverse che si adattano alle diverse situazioni. Gli effetti da ricercare sono:
Repellente, utile soprattutto contro zanzare e flebotomi. Molti repellenti hanno attività “antifeeding”, i ditteri ematofagi sono cioè in grado di posarsi sul mantello e cute dei cani trattati ma non di eseguire il pasto di sangue. Parassiticida, che implica l’uccisione del parassita con cui entra in contatto.
A seguire parleremo delle principali formulazioni di prodotti antiparassitari chimici, ma lasceremo uno spazio anche per le soluzioni naturali.
–Collari Posizionato sul collo dell’animale a contatto con la cute, si distribuisce su tutta la cute attraverso il film lipidico che la riveste. Sono comunque sicuri sia per gli animali che per le persone a contatto (salvo ingestione). La loro durata e lo spettro di azione sono indicati in confezione, alcuni di essi hanno capacità repellente per i pappataci fino a 12 mesi mentre l’azione per pulci, zecche e zanzare dura meno.
-Spot-on o fialette
Prodotti a base di insetticidi e piretroidi da applicare sulla cute scostando il pelo, di solito in regione scapolare per evitare che l’animale li possa leccare. Si diffondono attraverso il film lipidico della cute, possono avere azione repellente o solo insetticida e hanno una durata di solito mensile. Se l’animale viene lavato con uno shampoo bisogna attendere 48h prima di applicare nuovamente il prodotto.
-Antiparassitari di nuova generazione Formulate in compresse da dare per bocca o in fialette da applicare sulla cute, contengono Isoxazoline, molecole insetticide che hanno la particolarità di essere assorbite dall’animale e di rimanere in circolo da uno a tre mesi, dipendendo dal prodotto, proteggendo gli animali anche in caso di bagni frequenti. Alcuni prodotti sono in grado di prevenire anche la filariosi.
–Spray Prodotti da nebulizzare sull’animale prima di portarlo in zone esposte, di solito si usano in associazione e non in sostituzione degli altri prodotti.
-Prodotti naturali Collari o fialette a base di olii essenziali come neem ed estratti vegetali. L’uso esclusivo non garantisce un’efficace protezione, ma possono essere usati in associazione ad altri prodotti.
Tutti i prodotti in commercio sono testati e sicuri, ma in alcuni animali possono dare reazioni avverse, il protocollo di protezione va quindi valutato insieme al veterinario curante.
E’ bene ricordare inoltre che i prodotti antiparassitari registrati esclusivamente per i cani sono molto tossici per i gatti e non devono essere usati in alcun modo in questa specie.
I parassiti esterni sono causa di fastidio e pericolo sia per i nostri pet che per l’uomo; possono trasmettere malattie di diversa natura e diffonderle nell’ambiente in cui viviamo. I principali sono:
-Pulci Sono insetti lunghi pochi mm, le più comuni sono Ctenocephalides felis e C. canis, che possono infestare cani, gatti o altri mammiferi, uomo compreso. Sono parassiti ambientali, l’infestazione avviene per il passaggio della pulce adulta dall’ambiente all’animale e non da animale ad animale. Gli insetti adulti si nutrono di sangue, si riproducono e lasciano cadere le uova a terra; nell’ambiente esterno queste schiudono da primavera ad autunno ma in luoghi caldi, nelle nostre case, cantine o legnaie, possono schiudere tutto l’anno. Le larve si nutrono degli escrementi degli adulti, poi si trasformano in pupe; quando sentono la presenza di un animale gli adulti escono dal bozzolo e vi saltano sopra per ricominciare il ciclo. Possono trasmettere malattie del sangue, parassiti come la tenia nei gatti e causare problemi come la dermatite allergica da punture di pulce (DAP).
-Zecche Le più diffuse sono Rhipicephalus sanguineus che vive e si riproduce anche in ambienti urbani e Ixodes ricinus, la zecca dei boschi. Le larve di questi aracnidi, lunghe pochi mm, salgono sull’ospite (cane, gatto o uomo) e fanno un pasto di sangue, dopodichè si lasciano cadere per trasformarsi in ninfe e ripetere il ciclo su un altro ospite. Gli adulti eseguono l’ultimo pasto per poi riprodursi e deporre centinaia di uova. A causa dei cambiamenti climatici, l’attuale attivitàstagionale di alcune specie di zecche potrebbe prolungarsi anche nei mesi più freddi dell’anno. Possono trasmettere malattie fra cui la malattia di Lyme, Babesia, Ehrlichia.
-Zanzare e flebotomi/pappataci Le zanzare sono ben note, lunghe fino a 10mm ed attive in primavera ed estate sono il principale vettore della filariosi cardiopolmonare che trasmettono attraverso la saliva durante il pasto di sangue. Oltre a Culex pipiens, la zanzara notturna da sempre presente in Italia, dagli anni ’90 l’arrivo della zanzara tigre, attiva di giorno, ha aumentato il rischio di contrarre la malattia. I pappataci sono piccoli insetti simili a zanzare ma di colore giallastro e molto piccoli (2-4mm) con una peluria che ricopre anche le ali. Sono attivi di notte: le femmine si nutrono di sangue e sono i principali vettori della leishmaniosi.
–Altri ectoparassiti: acari, pidocchi e mosche cavalline.
L’alimentazione dei nostri amici a quattro zampe è un aspetto fondamentale della loro salute e nel tempo sono state create molte linee di alimenti sicuri, completi ed appetitosi. Nel vasto assortimento che troviamo nei negozi, l’occhio cade spesso sui mangimi monoproteici, spesso percepiti come prodotti “migliori” per la salute del cane o del gatto, ma cosa sono e soprattutto a cosa servono? Scopriamolo insieme! Gli ingredienti comuni nel cibo per animali domestici includono fonti proteiche come pollame, manzo e pesce, così come verdure, vitamine e minerali dosati in modo da garantire una dieta nutrizionalmente equilibrata. I normali mangimi sfruttano più fonti proteiche animali e vegetali per soddisfare i fabbisogni dei nostri amici, e di solito indicano sul sacchetto la fonte presente in maggiore quantità. I mangimi monoproteici sono invece alimenti in cui la carne indicata, sia essa pollo, salmone, cavallo ecc. rappresenta l’unica fonte proteica animale utilizzata. Negli animali che mostrano segni clinici di reazioni avverse al cibo (allergie o intolleranze alimentari, chiamate RAC), una dieta proteica a fonte singola che il paziente non ha mai mangiatoprima può essere utilizzata per la diagnostica o per il trattamento a lungo termine; poichè la maggior parte delle reazioni avverse al cibo è generata da proteine, può infatti limitare l’esposizione a potenziali allergeni dando un reale beneficio. Per contro, l’uso di alimenti monoproteici a scopo preventivo permette il contatto del corpo con una varietà di proteine che in futuro non potranno essere usate in caso di problemi. Per questo motivo non è necessario variare continuamente le fonti di proteine nella loro alimentazione, purché siano nutriti con una dieta completa ed equilibrata di buona qualità. Alcuni alimenti monoproteici inoltre associano proteine poco usate come cervo, struzzo etc a fonti di carboidrati alternative per minimizzare le risposte allergiche che possono riguardare anche le proteine vegetali presenti nel cibo. Questi cibi quindi sono vere e proprie armi per il riconoscimento e la terapia di problemi di salute e non vanno scelte come “gusto alternativo” ad un mangime completo di buona qualità salvo precise indicazioni del medico veterinario, al quale spetta la decisione sul percorso diagnostico da percorrere. Per RAC lievi una dieta monoproteica esclusiva di almeno un mese può dare risultati, qualora non dovesse funzionare il medico veterinario potrebbe optare per diete casalinghe ad esclusione o per l’uso di mangimi ipoallergenici idrolizzati.
Un’altra malattia parassitaria da prevenire è la leishmaniosi.
Causata dal protozoo L. infantum, viene trasmessa attraverso la puntura di piccoli insetti ematofagi attivi soprattutto di notte: i flebotomi o pappataci.
Questa malattia era tipica del centro-sud Italiama si è diffusa anche sul lago di Garda, in Valpolicella e in altre zone del nord Italia.
Quando il cane viene infettato possono succedere tre scenari:
Il cane debella l’infezione autonomamente.
Il cane si infetta e rimane portatore asintomatico per tutta la vita.
Il paziente si ammala e sviluppa la malattia con sintomi che possono essere vari e, all’inizio, piuttosto aspecifici.
Dato che il periodo di incubazione può durare fino a 7 anni, la malattia può avere un esordio subdolo ma aggravarsi in tempi brevi.
Forma cutanea: il cane presenta sintomi dermatologici come alopecia intorno a occhi, zampe e dorso, dermatite secca, ispessimento della cute nel naso e delle zampe, crescita anomala delle unghie ed infine possono comparire ulcere vicino agli occhi, sulle orecchie, in bocca e sul naso.
Forma viscarale: Comprende sintomi gastroenterici con vomito, anoressia, diarrea e forte dimagrimento, oculari (congiuntivite, uveite), aumento di volume di fegato e milza, ingrossamento dei linfonodi, dolori articolari e zoppia, perdita di sangue dal naso e sintomi legati a problemi di insufficienza renale.
La diagnosi si esegue mediante esami del sangue (test rapidi, titolo anticorpale), mediante esame delle lesioni cutanee o in alcuni casi mediante esame del midollo osseo. La cura prevede trattamenti con diversi farmaci che aiutano a contenere il parassita ed il titolo anticorpale, ma non si ottiene quasi mai l’eliminazione del parassita, che può causare recidive; per questo è fondamentale una buona prevenzione. La prevenzione si basa su tre concetti principali:
Interventi ambientali: applicare zanzariere, evitare di portare il cane a passeggio durante le ore serali in luoghi dove il vettore è molto presente, tenere il cane in casa la notte.
Utilizzare repellenti sul cane (collari, pipette repellenti) e sull’ambiente.
Nelle zone più a rischio valutare la vaccinazione per la leishmaniosi.
Il nuovo vaccino contro la leishmaniosi protegge infatti il cane dall’interno potenziando il sistema immunitario, non protegge il cane dall’infezionema riduce il rischio di contrarre la malattia.
E voi avete un buon piano di prevenzione? Parlatene con il vostro veterinario!
La criptosporidiosi è senza dubbio una malattia molto grave e che non deve essere presa sotto gamba, ma troppo spesso fra gli appassionati di rettili viene citata a sproposito o additata come colpevole di condizioni al contrario reversibili. Il primo passo è sempre comprare da allevatori affidabili e con cui sia possibile instaurare un dialogo anche dopo l’acquisto; importante cercare di evitare animali di cattura (WC) perchè proprio questi possono essere veicolo di numerose malattie o parassiti, fra cui anche Cryptosporidium. Una buona quarantena rappresenta la base per evitare di introdurre nel proprio allevamento (o nella propria casa) la maggior parte delle malattie infettive e parassitarie, e nei rettili può avere una durata ben più lunga dei canonici 40 giorni a cui siamo abituati. Avere un confronto con un veterinario esperto in rettili prima degli acquisti rappresenta un valido punta di partenza per evitare spiacevoli inconvenienti.
In caso di dubbi o sospetti è fondamentale FARE DIAGNOSI (e non basarsi sui soli sintomi) prima di prendere decisioni avventate.
Ciclo di C. parvum tratto da http://eukaryoticmicrobe.blogspot.com/2012/12/cryptosporidium-essay.html
Conosciamo il nemico
Le infezioni da Cryptosporidium, un protozoo appartenente al Phylum Apicomplexa, sono state riportate in almeno 57 specie diverse di rettili.
Purtroppo, a differenza di altri animali in cui le infezioni da Cryptosporidium sono autolimitanti nel tempo, nei rettili esitano spesso in patologie debilitanti, croniche e spesso letali. Per questo motivo nell’ambito dell’allevamento amatoriale di rettili, Cryptosporidium è stato sempre visto come una “bestia nera” sulla quale occorre però fare un po’ di chiarezza.
Nei rettili “domestici” si riconosce l’implicazione di due specie in particolare:
C. serpentis (colpisce soprattutto serpenti, ha oocisti più grandi e sede prevalentemente gastrica)
C. varanii sin. C. saurophilum (colpisce sauri, ha oocisti più piccole e sede intestinale)
Altre specie sono state descritte, come C. muris, C. parvum, C. parvum genotipo ratto (sin. C. tyzzeri), ma queste oocisti potrebbero derivare dall’intestino delle prede ingerite.
Sintomatologia e trasmissione del parassita
I segni clinici variano a seconda dell’organo colpito, e la gravità dipende da vari fattori fra cui l’immunocompetenza dell’ospite.
Nel caso di infestazioni gastriche, il sintomo più comune è il vomito (o il rigurgito) causato dall’incapacità di digerire le prede, con conseguente perdita di peso progressiva. Questa incapacità digestiva è data dall’inspessimento delle pliche gastriche e dalla riduzione della motilità, che causano spesso gonfiori palpabili nella regione gastrica dei serpenti infetti, e vomito o rigurgito 3-5 giorni dopo il pasto.
Nel caso di infestazioni intestinali, il sintomo più evidente è di solito la diarrea persistente, accompagnata da anoressia, perdita di peso e scadimento rapido delle condizioni corporee. Nei gechi leopardini o nei fat tail si definisce “stick tail disease” perchè un tratto caratteristico è la coda (di solito riserva di grasso) ridotta a pelle e ossa.
Immagine tratta da fonte 2; trio di gechi leopardini infestati da Cryptosporidium
La trasmissione del parassita è di solito oro-fecale, ed avviene attravarso le oocisti. Le oocisti sono strutture molto resistenti, che possono resistere nell’ambiente (e anche a molti disinfettanti) per anni e che, una volta ingerite da un altro rettile, si schiudono dando origine all’infestazione. Le cellule gastriche o enteriche colpite si gonfiano e perdono gradualmente la capacità di digerire il cibo, dando origine alla sintomatologia clinica.
Fattori predisponenti
Come si può intuire da quanto sopra, le probabilità di contrarre il parassita aumentano esponenzialmente in condizioni di allevamento non ottimali (scarse condizioni igieniche, sbalzi di temperatura, sovraffollamento o altre fonti di stress) e in caso di errori nella quarantena dei nuovi arrivi.
Diagnosi
La diagnosi rappresenta un nodo cruciale nell’identificazione del problema, essendo i segni clinici non patognomonici. A seguito di una visita clinica e della raccolta dell’anamnesi, possono essere richiesti esami differenti a seconda della sintomatologia presentata dall’animale, che possono inclurere radiografie, esami del sangue, gastroscopia con eventuale prelievo bioptico, ed esami delle feci. La diagnosi definitiva viene eseguita attraverso un esame delle feci con una colorazione particolare, o tramite ricerca del DNA del parassita mediante PCR.
Immagine tratta da fonte 2; oocisti compatibili con C. varani in striscio fecale colorato con Ziehl-Nielsen modificata
Trattamento
Una volta eseguita la diagnosi di criptosporidiosi, si valutano le opzioni di trattamento. Purtroppo ad oggi il Cryptosporidium è difficile da trattare e altamente infettivo per altri rettili, perciò le scelte sono sempre legate al numero di animali coinvolti ed alle loro condizioni corporee. Sono disponibili terapie di supporto e terapie farmacologiche che possono rallentare la replicazione del parassita, ma ad oggi non si conosce una cura efficace che debelli il parassita.
BIBLIOGRAFIA
1)” Genetic diversity of Cryptosporidium spp. in Captive Reptiles“ Lihua Xiao, Una M. Ryan, Thaddeus K. Graczyk, Josef Limor, Lixia Li, Mark Kombert, Randy Junge, Irshad M. Sulaiman, Ling Zhou, Michael J. Arrowood, Břetislav Koudela, David Modrý, Altaf A. Lal Appl Environ Microbiol. 2004 Feb; 70(2): 891–899. doi:10.1128/AEM.70.2.891-899.2004
2) “Cryptosporidium varanii infection in leopard geckos (Eublepharis macularius) in Argentina” A. Dellarupe, J.M. Unzaga, G. Moré, M. Kienast, A. Larsen, C. Stiebel, M. Rambeaud, M.C. Venturini Open Vet J. 2016; 6(2): 98–101. Published online 2016 Jun 28. doi: 10.4314/ovj.v6i2.5
3)”Prevalence of cryptosporidium infection and characteristics of oocyst shedding in a breeding colony of leopard geckos (Eublepharis macularius)” Deming C, Greiner E, Uhl E.W. J. Zoo Wildl. Med. 2008;39:600–607.